pare che l’ultima moda sia contemplare la casa di lui o i luoghi che corrispondono a pietre miliari della vostra storia con Google Street.
ma noi apparteniamo a generazioni nate in epoche predigitali – ci ricordiamo perfino della tv in bianco e nero – e quindi gli strumenti con cui farsi male volontariamente dopo la fine di una storia sono ancora primitivi.
funzionavano su vinile come oggi nell’ipod o su youtube.
canzoni, più spesso proprio quella canzone.
era la colonna sonora del primo film che avete visto insieme.
il brano trasmesso alla radio mentre vi riaccompagnava a casa e dopo essere stati tutti e due brillanti, spiritosi, quasi euforici, ascoltavate in silenzio perché qualcosa vi bloccava le parole in gola.
può essere perfino, più prosaicamente, il tormentone estivo assolutamente demenziale battuto a tappeto sulla spiaggia dove vi siete incrociati per la prima volta.
la qualità del pezzo non è di per sé un fattore qualificante se non perché ci riesce più facile giustificare esteticamente la fissazione per “Don’t give up” che per “Vamos alla playa”.
quello che conta è che da quel preciso momento per voi la prima, se non l’unica associazione possibile, per quella canzone sarà quella con lui.
nessun problema ovvio finché la storia non finisce.
che cosa succede però alla “nostra canzone” quando non siamo più noi, ma io e te e il distacco non è stato proprio indolore?
potete cancellare ogni traccia del suo passaggio dalla vostra casa e dalla vita di tutti i giorni. selezionare con cura luoghi e persone.
persino smettere di sentire o di credere di sentire sul cuscino il suo odore, l’aroma inconfondibile della pelle mescolata al profumo e alle sigarette preferite, ma prima o poi, implacabilmente, quella sequenza di note vi colpirà a tradimento e vi riporterà proprio al momento e al luogo da cui volevate fuggire.
o a cui volevate tornare. perché sarete voi nei momenti più duri a riascoltarla per cercare di far rivivere il passato.
in questo momento critico il fatto che la canzone non fosse eccessivamente romantica – ma si tratta di rare eccezioni – aiuta.
esiste un numero limite di volte oltre il quale non è possibile ascoltare in lacrime i Righeira, mentre con Peter Gabriel può essere più complicato.
ma laddove non si viene soccorse dal senso del ridicolo, interviene il grande dottore, il tempo.
e il grande giudice.perché quando finalmente riuscirete ad ascoltare quella canzone oggi e non come fosse ieri, quello che vi lascerà dentro, che sia indifferenza, malinconia, struggimento, rimpianto sarà la misura della storia che avete vissuto.
martedì, aprile 28, 2009
stanno suonando la nostra canzone
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1 commento:
Bellisimo!
Che belle e vere considerazioni che hai fatto... è proprio così, solo il tempo poi risponderà alla reazione che avremo, o non avremo più, al momento dell'incontro con quel preciso ricordo, che passi attraverso una canzone, un film, un odore, un tramonte, un'alba.
A volte si sorride, ci si sente buffi, altre volte si soffre ancora e il tempo in tal caso deve imprimere con maggior forza la sua potenza.
Oggi, con l'era di internet, credo sia però più difficile sfuggire a questi incontri.
Un bacione grande...
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