domenica, dicembre 13, 2009

amore, matchpoint e resa

Questo è un post lungo. E pieno di verità scomode. Non lamentatevi di nessuno dei due aspetti.......
a me viene da dire finalmente!
non mi sono mai lamentata della sincerità nelle relazioni.
solo delle bugie nelle loro varie declinazioni. dalla presunta diplomazia all’opportunismo puro e semplice.
o peggio l’ipocrisia come garanzia del quieto vivere.
(che sappiamo comunque non essere tra i tuoi difetti).
sarò sincera anch’io. e sarà lunga anche la mia risposta.
confido che non ti lamenterai ;)
non so se le tue percentuali mutuate da Pareto aderiscano alla realtà, ma mi sento di aggiungere che il 20/80% di ciascuna di noi non coincidono mai.
immagino anche quelli degli uomini……
questo spiega perché in genere troviamo improponibili, insopportabili, etc etc. (e non solo o semplicemente per invidia) gli uomini delle nostre amiche.
davvero non vi capita mai con le donne dei vostri amici?
ovviamente non quelle che a prima vista giudicate sveglie, intellettuali, riflessive, introspettive, sensibili, un tantino esibizioniste. ed esigenti.
e che probabilmente lo sono davvero. ma ognuna in maniera diversa.
la tua, la vostra constatazione è solo l’inizio dell’esplorazione.
come Colombo credete di essere approdati nelle Indie e invece avete appena scoperto le Americhe.
se persevererete nell’errore, a colonizzare il nuovo territorio saranno altri, ammesso che ce ne siano, disposti ad andare più in là della spiaggia che hanno intravisto o appena calpestato…..
mi fa piacere che ci siano uomini che non negano il loro lato femminile.
ma se lo chiamassimo semplicemente Anima? o è ancora troppo anche per i maschi più evoluti?
(e questo è ovviamente il mio Animus forte ed esigente che parla ;))
queste donne così’ desiderabili sanno davvero che cosa vogliono?
in realtà direi che sono (siamo?) convinte di sapere esattamente ciò che desiderano e di cui hanno bisogno.
ma questo lo credono anche gli uomini ( e sono di solito meno disposti a metterlo in discussione).
l’esperienza mi dice invece che l’innamoramento non è mai così intenso e profondo come quando sconvolge abitudini collaudate, mette in discussione equilibri consolidati, mina alle basi convinzioni granitiche.
poi arriva il fatidico date.
e qui comincia la diversa percezione delle esperienze.
non so se è vero per le altre, ma lo è sicuramente per me.
non ho mai considerato un primo appuntamento un colloquio di selezione sentimentale.
non è per caso che siete voi a viverlo così al di là delle nostre intenzioni o pretese?
che si crei un perverso gioco di specchi tra attese e aspettative reciproche.
una trappola che scatta con un’ efficacia letale in diretto rapporto con le emozioni in gioco?
di fronte alla quale l’unica difesa finisce per essere il ricorso alla maschera sociale, a quello che fai e che mostri di solito agli altri invece che a quello che sei?
(posso permettermi di aggiungere che l’elenco delle qualità della tua donna ideale che potremmo compilare sulla base dei tuoi post di questi anni non è meno proibitivo dell’elenco dei requisiti delle tue prospect?
e no, non li consideriamo stupidi gli uomini appartenenti all’ipotetico 20%. se fosse così come potremmo ritenerli interessanti ;?))
riguardo alla categoria 1, alle fidanzate, sposate da sempre, ti risulta anche che siano tutte così totalmente, assolutamente felici?
o sono escluse perché sei irreprensibilmente virtuoso e il date di cui parli vuole essere esclusivamente il prologo ad una relazione non clandestina ;)?
nella categoria 2, separate/divorziate, sottoinsieme senza figli, forse le cose sono più semplici. se hanno archiviato definitivamente l’idea di averne. non se in sottofondo si sente il ticchettio inesorabile dell’orologio biologico. ho visto fare scelte improponibili, se non aberranti sotto la sua nefasta influenza.
quanto a quelle che i figli li hanno, non appartenendo alla categoria, non posso che limitarmi a quello che sento dire in giro ed ho la netta impressione che siano alla ricerca di rassicurazione profonda più che di promesse di prestazioni mirabolanti in ogni campo.
dopo una separazione o un divorzio, specie se doloroso, difficile, volente o nolente hai imparato a fare i conti con la distanza che corre tra le aspettative (o le illusioni) tue e altrui e la realtà.
poi ci sono le reduci da una storia, anzi dalla Storia, finita male. quelle con un ex che incombe come lo spettro di Banco.
e qui ok. colpita e affondata.
questa (a parte il vezzo di fare il conta numeri su Google che non coltivo) sono, anzi ero io.
ho fatto parte della categoria a lungo (troppo a lungo).
non mi sono risparmiata neppure il sequel.
che come tutti i sequel è risultato decisamente inferiore all’originale.
ma, contrariamente a quello che accade con i film, anche misericordiosamente più breve.
qui ti/vi do ragione. non è una partita, è una scommessa.
perché l’esito in definitiva dipende dal fatto che lei sia pronta a lasciare andare tutto quello a cui si è aggrappata tenacemente e contro ogni logica, a volte per anni.
e che lo sia proprio in quel momento, quel giorno o quella sera.
e se anche lo è e voi le darete il la per uscire fuori dal cerchio, le ci vorrà comunque del tempo per realizzarlo appieno.
e vedervi davvero, non solo guardarvi dicendo a se stessa “forse…”.
tocca a voi decidere se vale il rischio e l’attesa….
superata la fase 2, iperboli ed esagerazioni a parte - basta molto meno di quello che tu elenchi puntigliosamente per essere considerate nel novero - direi che ora potrei rientrare, o meglio immagino di essere considerata, nella categoria 3, sottospecie donna sul piedistallo.
in realtà non posso dire di non essere stata giudiziosamente avvertita fin dall’adolescenza da tutte le donne di famiglia sui rischi di un certo mio modo di essere, in particolare sulle sue conseguenze nefaste sulla mia vita sentimentale.
ma a lungo ho considerato queste perle di saggezza frutto di una mentalità sorpassata.
finché la fatidica parola piedistallo (pericolosamente accostata all’immagine di Minerva) l’ha pronunciata il mio più caro amico, uno che conosco praticamente dalla culla.
e il fatto che si riferisse a me liceale non è riuscito ad attenuare il colpo della rivelazione.
che io l’avessi sempre percepita e vissuta in un altro modo da quel momento in poi non ha contato più.
ma le diagnosi, anche le autodiagnosi, per quanto precise anticipano semplicemente la cura e non ne condizionano più di tanto i tempi. e soprattutto i modi, quasi mai indolori.
ti chiedi perché ad incantarci così spesso siano uomini che in fondo sfruttano la nostra forza e finiscono per farci tradire quelli che apparentemente sono i nostri principi più saldi?
perché questi uomini istintivamente percepiscono quello che non ammetteremmo mai spontaneamente.
quanto siamo stanche in realtà di essere forti, competenti, determinate.
sempre e comunque.
per noi stesse e spesso anche per gli altri.
ci permettono, anche a dispetto e discapito di noi stesse, di essere dipendenti.
di affidarci finalmente, seppure in modo perverso, a qualcuno.
non è quello che desideriamo nel profondo quando ci lasciamo andare a sognare, ma all’inizio è la cosa più vicina che pensiamo di poterci permettere.
finché non ci rendiamo conto della trappola in cui siamo cadute.
mendicare come una concessione altrui qualcosa di cui dovremmo rivendicare il diritto in prima persona.
o finché un uomo diverso, non monosillabico, non emotivamente reticente, non avrà la voglia e il coraggio di andare più in là della facciata della dichiarata sicurezza e autonomia almeno quanto noi ne abbiamo di rinunciare alla competizione e al controllo.
nonostante tutta questa forza, reale e/o presunta. abbiamo paura di comunicare? ci aggrappiamo ai segnali per non sentire le parole?
davvero credi che la comunicazione si esaurisca nelle parole?
parliamo continuamente con il corpo, con i gesti, con il tono della voce.
spesso esprimiamo a livello non verbale qualcosa di cui noi stessi non siamo ancora neppure consapevoli.
si può discutere sull’enfasi che noi donne diamo a tutto questo.
non tanto direi rispetto alle parole – non ne abbiamo paura, semplicemente abbiamo imparato a diffidarne. per questo cerchiamo conferme altrove - quanto ai fatti concreti.
ma è davvero più discutibile della vostra indifferenza o sottovalutazione di questi presunti dettagli?
e poi c’è lo sguardo. quello sguardo che ti fa il giro dentro.
che dice “se voglio posso farlo, ma lo vuoi davvero?”
e mi fa venire in mente le intimidazioni di un Charles Barkley o di un Dennis Rodman nei confronti degli avversari.
un modo per svelare le debolezze dell’avversario e non lasciare spazio alle proprie.
perché vedi qui siamo ancora alla sfida, alla prova di forza.
“la miglior difesa è l’attacco” sostiene qualcuno.
mi verrebbe spontaneo chiedere “se non di loro e di comunicare, di che cosa hai paura tu?”.
che ricambino lo sguardo e ti scrutino allo stesso modo ? di rimanere intrappolato nella loro anima?
perché solo gli incoscienti, non i coraggiosi, non hanno paura di nulla.
ma un date, e poi in prospettiva una storia, in definitiva non è una partita Pistons vs. Bulls e neanche un match di tennis.
non dovrebbe esserlo almeno. se non, e con un minimo di ironia, nella fase preliminare.
il gioco vero comincia fuori dal campo.
quando non importa più chi vince o chi perde.
certo non con lui (o lei) se ti prende davvero dentro.
quando cedere o rinunciare a qualcosa non è più un punto d’onore, una questione di vita o di morte.
anche se ho la netta impressione che molte di noi si crogiolino nella stessa vostra presunzione (nel senso etimologico del termine): “gli uomini non sanno che noi donne sappiamo. e che sappiamo che loro non sanno".
rischiando che la somma algebrica di ciò che sappiamo e non sappiamo ci riporti entrambi inesorabilmente a zero.
forse dovremmo semplicemente avere il coraggio di ammettere che sulla base delle esperienze passate nostre e altrui, ci sforziamo di tracciare mappe e fare previsioni per ottimizzare il risultato finale e minimizzare le perdite.
ma l’amore non è un’operazione di marketing.
men che meno “l’amore che strappa i capelli”.
quello che ti sorprende all’improvviso e ti mozza il respiro. e poi mette radici nella tua vita, butta foglie e frutti.
è un cigno nero invece.
un evento imprevedibile e non riducibile a nessuno schema conosciuto.
di fronte a cui, sostiene qualcuno che proprio tu ci hai fatto conoscere, l’unica cosa di cui possiamo essere certi è che:
“non sappiamo quello che non sappiamo”.
non si tratta neanche di fare i conti con lo scarto prevedibile tra la mappa e il viaggio, ma di tracciare i percorsi e i confini mentre esploriamo un territorio ancora sconosciuto, l’altro e noi….
a patto che il coraggio e la perseveranza abbiano la meglio sulla prudenza o sul puro spirito di conservazione.
perché se dovessimo arrenderci a questi ultimi non avremmo più alibi, non potremmo più accusare la vita infame o il destino cinico e baro e finiremmo per nutrirci solo di rimpianti…….

1 commento:

melania ha detto...

Rimpianto o dolore. Rimpianto o rammarico. Difficile scegliere la sponda.