le cose, profonde e belle, che ci uniscono alla fine a contare di più.
sono quelle che ci separano.
meglio, che separano te da me.
differenze che si trasformano in pregiudizi.
che cristallizzano paure antiche e recenti.
insicurezze, dubbi mimetizzati da certezze granitiche.
quel solco, quel confine su cui ci affacciamo, ci scrutiamo con perplessità e desiderio, ma che non attraversiamo.
perché posso accettare di te persino le cose che non amo, le ombre, le intemperanze, le chiusure improvvise, ma non che tu rifiuti le mie.
ti arrocchi e io, respinta, istintivamente faccio un passo indietro.
da adulti non coltiviamo più l'illusione di cambiare l'altro, ma forse, come se fossimo ancora adolescenti, non abbiamo il coraggio di permettergli di deluderci senza sentirci offesi o sminuiti.
né la forza per sopportarlo.
continuiamo a navigare a vista, sfuggendo un approdo per timore che sia un miraggio.
rischiando di naufragare, soli, su una spiaggia inospitale.
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domenica, maggio 29, 2011
lunedì, maggio 24, 2010
come in un film
(l'ispirazione viene da qui)
centro di Milano, un febbraio gelido e ventoso.
uno di quei marciapiedi lunghi che separano le corsie su cui aspetti il tram.
noi che ci salutiamo di fronte ad altri colleghi - siamo la storia segreta peggio custodita dell’universo e facciamo finta di non saperlo.
lui se ne sta andando.
dall’azienda, dalla città, forse anche da noi.
un abbraccio rigido, un po’ goffo, imbarazzato.
baci trattenuti sulle guance, un “ciao, in bocca al lupo” quasi ingoiato dal vapore del respiro.
sta arrivando la 54, gli altri ci girano le spalle e se ne vanno.
ci siamo sciolti dall’abbraccio, ma lui continua a tenermi la mano anche quando cerco di staccarmi perché non voglio che mi veda con gli occhi pieni di lacrime.
non ho la forza di dare l’ultimo strappo.
non lo voglio davvero.
e lui mi lascerà andare solo quando si chiuderanno le porte.
in quel momento ho saputo che a dispetto di tutto non era finita…
http://www.youtube.com/watch?v=BA266naCH_0
centro di Milano, un febbraio gelido e ventoso.
uno di quei marciapiedi lunghi che separano le corsie su cui aspetti il tram.
noi che ci salutiamo di fronte ad altri colleghi - siamo la storia segreta peggio custodita dell’universo e facciamo finta di non saperlo.
lui se ne sta andando.
dall’azienda, dalla città, forse anche da noi.
un abbraccio rigido, un po’ goffo, imbarazzato.
baci trattenuti sulle guance, un “ciao, in bocca al lupo” quasi ingoiato dal vapore del respiro.
sta arrivando la 54, gli altri ci girano le spalle e se ne vanno.
ci siamo sciolti dall’abbraccio, ma lui continua a tenermi la mano anche quando cerco di staccarmi perché non voglio che mi veda con gli occhi pieni di lacrime.
non ho la forza di dare l’ultimo strappo.
non lo voglio davvero.
e lui mi lascerà andare solo quando si chiuderanno le porte.
in quel momento ho saputo che a dispetto di tutto non era finita…
http://www.youtube.com/watch?v=BA266naCH_0
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domenica, novembre 15, 2009
di capelli femminili e altri demoni...
(........) a domanda risponde:
“confesso Vostro Onore di essere colpevole dei reati ascritti a registro e da lei puntigliosamente elencati e mi appello alla clemenza della Corte.
anche volendo dimenticare gli anni dell’infanzia in cui le responsabilità tricologiche erano condivise con la mia mamma - a cui devo comunque riconoscere di aver sempre detestato, come me, gli orpelli e quindi non avermi imposto nastri, fiocchi e quant’altro – negli anni della giovinezza non mi sono risparmiata nulla di tutto quello che presumibilmente la fa inorridire.
dalla permanente effetto frisè ( o “pecora della Nuova Zelanda” per le lingue biforcute come mio fratello), in tempi in cui la procedura esalava vapori tossici degni del petrolchimico di Marghera, ai colpi di sole, abbandonati quando mi sono resa conto con raccapriccio che stavo diventando una “finta bionda”, alla temporanea resa al mio sogno segreto di essere una rossa irlandese, che ahimè non poteva che fare vistosamente a pugni con il mio incarnato da bruna mediterranea.
ho frequentato parrucchieri di ambo i sessi e di varie inclinazioni sessuali, ma non posso dire che siano i soli colpevoli delle mie vicissitudini in questo campo.
sono certo inclini agli esperimenti, anche arrischiati, specie sul colore, ma nulla che la determinazione della cliente non possa arginare.
e spesso prodighi di ottimi consigli quando si tratta di dissuadere chi si ostina a pretendere tagli che donano solo alle modelle dei book.
ho portato i capelli lunghi ben oltre le spalle per poi tagliarli cortissimi a segnare un passaggio di vita fondamentale.
e spero mi crederà se le assicuro che il mio ultimo pensiero in quei frangenti potesse essere lo sguardo critico di un eventuale corteggiatore.
li ho lasciati crescere liberamente durante un lutto sentimentale per sacrificarli di nuovo a segnare il distacco definitivo.
con il tempo sono riapprodata al mio castano naturale con qualche riflesso che lo è meno e ad una nuova versione del taglio che mi ha sempre donato di più. media lunghezza, scalato, riga a tre quarti.
per capirci quello reso in celebre in”Friends” dalla santa patrona laica di tutte le cornute, Jennifer Aniston.
oggi come oggi neanche se in palio ci fosse un invito a cena con Hugh Laurie mi farei la riga in mezzo o la frangetta.
mi sento anche di distruggere quella che ritengo sia una sua illusione.
non credo che il rapporto viscerale che noi donne coltiviamo i capelli, ma anche più in generale con il nostro aspetto fisico, dipenda esclusivamente dallo sguardo maschile, anzi.
o che gli uomini in generale osservino questo particolare con tanta cura e che da esso dipendano le nostre sorti sentimentali.
è vero, ci amano di più con i capelli lunghi, ma al primo impatto nessun taglio per quanto infelice ha mai compromesso l’effetto panoramico di una quinta naturale o di una vertiginosa minigonna su gambe da gazzella.
le assicuro poi che per quanto amiamo, coccoliamo, maltrattiamo, i nostri capelli, ci sono giorni, o settimane come questa a Milano, in cui il grigiore e l’umidità non deprimono solo l’umore, ma anche il volume delle chiome, in cui ci piacerebbe essere uomini e poter dare mano alla macchinetta per un taglio da marine.
“confesso Vostro Onore di essere colpevole dei reati ascritti a registro e da lei puntigliosamente elencati e mi appello alla clemenza della Corte.
anche volendo dimenticare gli anni dell’infanzia in cui le responsabilità tricologiche erano condivise con la mia mamma - a cui devo comunque riconoscere di aver sempre detestato, come me, gli orpelli e quindi non avermi imposto nastri, fiocchi e quant’altro – negli anni della giovinezza non mi sono risparmiata nulla di tutto quello che presumibilmente la fa inorridire.
dalla permanente effetto frisè ( o “pecora della Nuova Zelanda” per le lingue biforcute come mio fratello), in tempi in cui la procedura esalava vapori tossici degni del petrolchimico di Marghera, ai colpi di sole, abbandonati quando mi sono resa conto con raccapriccio che stavo diventando una “finta bionda”, alla temporanea resa al mio sogno segreto di essere una rossa irlandese, che ahimè non poteva che fare vistosamente a pugni con il mio incarnato da bruna mediterranea.
ho frequentato parrucchieri di ambo i sessi e di varie inclinazioni sessuali, ma non posso dire che siano i soli colpevoli delle mie vicissitudini in questo campo.
sono certo inclini agli esperimenti, anche arrischiati, specie sul colore, ma nulla che la determinazione della cliente non possa arginare.
e spesso prodighi di ottimi consigli quando si tratta di dissuadere chi si ostina a pretendere tagli che donano solo alle modelle dei book.
ho portato i capelli lunghi ben oltre le spalle per poi tagliarli cortissimi a segnare un passaggio di vita fondamentale.
e spero mi crederà se le assicuro che il mio ultimo pensiero in quei frangenti potesse essere lo sguardo critico di un eventuale corteggiatore.
li ho lasciati crescere liberamente durante un lutto sentimentale per sacrificarli di nuovo a segnare il distacco definitivo.
con il tempo sono riapprodata al mio castano naturale con qualche riflesso che lo è meno e ad una nuova versione del taglio che mi ha sempre donato di più. media lunghezza, scalato, riga a tre quarti.
per capirci quello reso in celebre in”Friends” dalla santa patrona laica di tutte le cornute, Jennifer Aniston.
oggi come oggi neanche se in palio ci fosse un invito a cena con Hugh Laurie mi farei la riga in mezzo o la frangetta.
mi sento anche di distruggere quella che ritengo sia una sua illusione.
non credo che il rapporto viscerale che noi donne coltiviamo i capelli, ma anche più in generale con il nostro aspetto fisico, dipenda esclusivamente dallo sguardo maschile, anzi.
o che gli uomini in generale osservino questo particolare con tanta cura e che da esso dipendano le nostre sorti sentimentali.
è vero, ci amano di più con i capelli lunghi, ma al primo impatto nessun taglio per quanto infelice ha mai compromesso l’effetto panoramico di una quinta naturale o di una vertiginosa minigonna su gambe da gazzella.
le assicuro poi che per quanto amiamo, coccoliamo, maltrattiamo, i nostri capelli, ci sono giorni, o settimane come questa a Milano, in cui il grigiore e l’umidità non deprimono solo l’umore, ma anche il volume delle chiome, in cui ci piacerebbe essere uomini e poter dare mano alla macchinetta per un taglio da marine.
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